Londra: un mese di concerti

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Il nostro Lorenzo Cibrario, da Londra, ha visto per Rumore i concerti dei The Wave PicturesJohn WizardsWhistlejacketThe Gentlemen: trovate qui sotto i quattro live report. Ha anche intervistato Rich Morel  dei Deathfix, la band fondata l’anno scorso da Brendan Canty. Quindi ecco qui un mese di concerti e interviste da Londra.

 

The Wave Pictures 31 ottobre 2013 @ Rough Trade East | Londra

Prendete l’ironia e la tecnica dei They Might Be Giants, uniteci un savoir faire inglese, fateli ancora più geek ed avrete i The Wave Pictures. Il trio britannico infatti suona un indie pop con accenni al rock e al blues, nevrotico e stiloso, dai testi su spaghetti (sì, esatto), relazioni amorose e birre rosse.

All’interno di Rough Trade East, la band ha presentato l’intero ottimo nuovo album City Forgiveness, un disco dove le influenze rock-blues statunitensi escono e acquistano un certo peso (ascoltate su tutte l’iniziale All my Friends) ponendo la band in linea con artisti quali Califone, Stephen Malkus (su tutte Before this Day) e Modest Mouse.

La magia che a volte una band con solo basso, chitarra e batteria riesce a regalare è sempre affascinante, specialmente quando la band in questione è elegante come i The Wave Pictures. Non si grida ai miracoli con la loro musica, e loro stessi non hanno le pretese di essere la band del secolo, solamente hanno parecchio buon gusto, cosa che dal vivo trasuda ancora di più, rendendo i concerti dei piacevoli momenti dediti all’intelletto.

John Wizard

John Wizards 6 Novembre @ Rough Trade East | Londra

Qual è il nome della next big thing del 2014? Ve lo dico io: John Wizards. Il gruppo di Cape Town ha pubblicato nel giugno di quest’anno un piccolo omonimo capolavoro. Nata nel 2010 dalla mente del giovane compositore John Withers e dal cantante Emmanuel Nzaramba, la band riesce in un’impresa ardua, cioè di proporre un suono completamente personale, che mischia la scena house sud Africana al reggae, i Vampire Weekend con la balearic. Un incontro di culture in un sud Africa post-aparthide che si concretizza nel cantato zulu e nei suoni più prettamente “neri” uniti a chitarre bianche e suoni elettronici.

Dal vivo tutto questo viene amplificato in una dimensione più giocosa. Una festa di suoni africani e tastiere korg fanno esplodere di gioia lo sparuto pubblico presente da Rough Trade. Da tenere d’occhio per il prossimo anno, assolutamente.

whistlejacket

Whistlejacket 6 Novembre @ Old Blue Last | Londra

Di teenager depressi che suonano shoegaze ne è pieno il mondo (vedi Big Deal), ma questi Whistlejackets, pur rimanendo all’interno di questa macro categoria in tutto e per tutto, si fanno piacevolmente notare senza annoiare, anzi divertendo.

Mercoledì 6 Novembre all’Old Blue Last, in mezzo ad una valanga di debosciati annoiati, la band ha saputo regalare un live di quarantacinque minuti quantomeno con carattere e personalità. Il leader della band, un giovanotto in stile Gus Van Sant, si dimena nel suo spleen emotivo e nel suo malessere esistenziale mentre sussurra canzoni su ragazze che non lo amano e non lo ameranno mai, premendo forte sul pedale del delay. Basso, chitarre e batteria seguono anch’essi nella depressione adolescenziale, ma con una buona tecnica.

The Gentlemen

The Gentlemen @ Birthdays 20 Novembre | Londra

Ecco un perfetto esempio di band che sembra in tutto e per tutto pronta per diventare famosa, ma alla quale manca uno dei principali pregi, ovvero la presenza scenica.

Spinti da un “hype” potente e pompato, con un’estetica che unisce Tame Impala e i Kaledoscope, questi quattro ragazzi di Londra purtroppo per ora presentano dei brani troppo deboli dal vivo, riuscendo a perdere il proprio fascino.

Durante il live proiettano immagini psichedeliche alle loro spalle, sono vestiti con camicie a fiori e giacche alla Costello, usano una strumentazione ricercata e perseguono un suono chiaramente psichedelico, ma per ora devono focalizzarsi sulla stesura dei brani, perché così come sono, rimangono troppo deboli. Come si diceva a scuola: grandi potenzialità, ma devono applicarsi di più.

Deathfix2

DeathFix 16 novembre 2013 @ The Lexington | Londra: intervista

Brendan Canty (chitarra e voce) ha fondato una nuova band lo scorso anno dal nome Deathfix, esattamente quel Brendan che aveva fondato i Fugazi prima e i Rites of Spring dopo. Ormai in giro dal 1980, possiamo tranquillamente affermare che il signore è uno dei grandi della musica contemporanea, avendo anche tra le altre cose prodotto gente come Ted Leo, The Make up e The Thermals. Non contento, è anche autore di video (sua è infatti la Trixie Film) per artisti come Wilco, Death Cab for Cutie, di documentari e di corti.

Rich Morel (tastiere e voce) è un produttore e tastierista che ha collaborato con Deep Dish, Cindy Lauper, New Order, The Killers, e fondatore insieme a Bob Mould della serata BLOWOFF a Washington DC (poi emigrata in altre diverse città statunitensi).

I due musicisti si sono incontrati durante il tour di Bob Mould, dove suonavano rispettivamente batterie a tastiere per il grandissimo ex Hüsker Dü e Sugar. In questo clima di amicizia e conoscenze hanno deciso di formare insieme questi Deathfix, cercando di unire il passato post hardcore dei primi alle influenze più pop e dance del secondo.

Abbiamo incontrato Rich Morel prima dell’esibizione al Lexington, in un gelido giovedì di novembre:

Ciao Rich e grazie per l’intervista. Dunque, so che avete pubblicato su Dischord il vostro debutto lo scorso febbraio, e so che tu e Brendan vi siete conosciuti durante il tour con Bob Mould nel 2010. Hai voglia di parlarci di questo progetto Deathfix?

Si, il disco è uscito a febbraio su Dischord e contiene sette tracce, e anche se sono solamente sette è un disco vero e proprio. Quando ci siamo incontrati, quando abbiamo deciso di fare musica, pensavamo veramente a creare un mix tra hard rock, glam e psichedelia, per cui avevamo in mente gente come Roxy Music, King Crimson e Led Zeppelin. Volevamo qualcosa che suonasse rock e funky allo stesso tempo, quella era la nostra idea. Anche perché abbiamo la stessa passione per parecchie band, per cui volevamo unire quei suoni lì. In più, penso che il fatto che io provenga da un background fatto di remix e house music abbia in qualche modo influito sulle scelte stilistiche adottate.

Avete in programma dei remix per i vostri brani dunque?

Be’ io ne ho fatto uno per Dali’s House, così come l’hanno fatto pure i Crystal Ark (duo di produttori che esce su DFA, non a caso tra l’altro, perché il brano ripete solamente la frase “I wish I was” seguita da un nome famoso, tra cui Salvador Dalì, Mohammed Alì, la Birking ecc. Uno dei nomi è James Murphy appunto, nella cui casa si ascolterebbero i Daft Punk).

Interessante, e cosa usi quando componi i remix? Hai dei programmi particolare, usi Live? Logic?

No, io uso Digital Perormer e Reason, in più ho alcuni synth.

Una domanda di rito: Lou Reed è scomparso da poco. Esistono nella vostra musica, nel vostro background, dei riferimenti alla sua arte?

Assolutamente sì. Ti dico di più. È sempre strano quando un musicista famoso muore, perché ci possono essere differenti conseguenze: può non fregartene niente, oppure, come nel mio caso, può dispiacerti parecchio. A parte che è stato un grande, uno dei nomi più importanti della sua generazione, insieme a Bowie, per me rappresenta anche di più. Nel momento in cui ho ascoltato per la prima volta Walk on the Wild Side, ho capito che la canzone parlava di qualcos’altro, di qualcosa di diverso, di cui io ho subito voluto far parte. Quell’altro erano Joe D’Alessandro, Andy Warhol, quel mondo lì, quello fatto di sessualità aperta e libertà. Questo è stato per me Lou Reed quando ero giovane. È stato un artista importante, definitivo, che ha tracciato linee tra l’indipendente e il mainstream, varcandole spesso. Non c’è stato mai nessuno come lui, e mai nessuno ci sarà probabilmente. Siamo tutti tristi per la sua scomparsa.

Con oggi si conclude il vostro tour europeo, come è andato?

Benissimo. Sono state due settimane meravigliose. Abbiamo girato la Spagna, dove la gente è magnifica, dove tutto è fantastico. Poi in Francia, abbiamo anche suonato a Parigi. E ora qui in UK, Brigthon Leeds, Glasgow, Manchester, e sta sera chiudiamo con Londra. Siamo tutti dei nerd musicali ed essere ieri a Manchester è stato molto bello.

A proposito di Manchester, hai letto la biografia di Morrisey?

Certamente (e la tira fuori dallo zaino) e anzi senti questa che ti piacerà. Eravamo ieri a Manchester e prima del concerto eravamo in giro per dare un occhio alla città, una rivista musicale doveva farci delle foto che sarebbero poi finite online. Il fotografo era un ragazzo giovane, ed abbiamo iniziato a parlare con lui di Manchester, della musica e chiaramente di Morrisey. Gli dico che sto leggendo la biografia e che sono a pagina 350, e vedo che lui non dice una parola a riguardo. Dunque gli chiedo che ne pensa e se l’ha letta. Sicché mi risponde di essere il nipote di Morrisey. Hai capito? Mi dice proprio: “Morrisey è mio zio” [ridiamo di gusto]. Così abbiamo passato un pomeriggio con il nipote di Morrisey a Manchester…

Sai che ho visto entrambi dal vivo e devo dire la verità Johnny Marr è molto meglio di Morrisey dal vivo…

Hmm, io ho visto entrambi al Coachella. Devo dire che Marr ha una band migliore alle spalle, però sono entrambi grandi artisti, bravi egualmente.

Un’ultima domanda: com’è la situazione musicale, la scena indipendente, a DC? Sono un po’ di anni che se ne sente meno parlare…

Be’ abbiamo ancora la Dischord che porta avanti il nome, ma in generale c’è una grande scena, molto differenziata, che abbraccia diversi poli artistici. I teatri e l’arte contemporanea vanno molto bene a DC, e la musica anche direi. C’è parecchia elettronica se dovessi indicare un genere più che un’altro, ma tutta la scena credimi è viva e vegeta, non ti preoccupare.

Redazione Rumore
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