Live Report: Swim Deep @ LO-FI, Milano, 22/11/2013

Date:

SwimDeep

di Mavi Mazzolini

Il LO-FI è un piccolo centro Arci nella periferia di Milano, quella che sa di freddo e di tabacco, proprio di fianco alle rotaie di Rogoredo. Oltre alla sala da concerti – rettangolare, ma non troppo lunga né troppo stretta perché tu non possa vedere se ti metti dietro, c’è una sala bar addobbata di qualche tavolo, una luce amaranto, un manichino dagli strani travestimenti e tanti, tantissimi televisori demodè. Quei televisori a tubo a raggi catodici con le immagini un po’ vibranti e poco nitide, con i colori cotonati, e che al Lo-Fi proiettano direttamente le immagini dal palco. E dato che a suonare, nella stanza accanto, sono prima i The Assyrians e poi gli Swim Deep, mai cornice più adeguata per completare un quadretto in tutto e per tutto anni novanta. Non sincero, né ostentato – almeno, questo è quello che penso io: i primi a salire sul palco, i The Assyrians, sono Milanesi che fanno un genere fra gli ’80 e i ’90, fra gli Eagles e i Fool’s Garden; portato ai nostri tempi, sa di un nostalgico forse un po’ troppo spinto, che oscilla pericolosamente verso la cover band.

Scendono, il pubblico si toglie il maglioncino, io vado verso le prime file, gli aggeggini sul palco iniziano a sputare fumo, le prime file tossiscono un po’, io anche tossisco un po’, si provano un paio di luci, tutto pronto?, sì tutto pronto, giù le luci, salgono gli Swim Deep e il live parte.

In scaletta ci sono undici pezzi, ed è anche ragionevole avendo un solo album ed un EP all’attivo; la prima che parte è Francisco. Per chi non ha presente gli Swim Deep, il loro è un sound molto particolare, sì upbeat e con un occhio verso la scorsa decade, ma non sfocia nel monotono quanto finto bubblegum pop, perché riescono a lasciare un retrogusto quasi malinconico e grigiastro, complice la voce acida di Austin Williams. Un’antitesi, diciamo così: questo gli permette su disco di non annoiare facilmente, e live di divertire. Il pubblico è sciolto e accenna una specie di pogo già sulla quarta canzone della scaletta (Make My Sunshine), ma la cosa che più mi è piaciuta, è stata guardare le facce degli Swim Deep mentre suonavano: indifferenti, ieratici, distaccati. Stando alla loro espressione facciale, è come se stessero facendo la cosa più normale del Mondo, e non suonando canzoni briose e luminose come le loro. Ciò non li rende boriosi, perché il modo in cui si presentano non è per niente snob: è un contrasto strano ma divertente, ma forse dovrebbero lasciarsi andare un pochino di più anche al contatto col pubblico. Soprattutto se poi la loro scaletta contiene una cover di Girls Just Wanna Have Fun: la super hit di Cindy Lauper, del tutto in linea col loro spirito, parte inizialmente in un organico voce e chitarra, per poi liberarsi in una versione simile all’originale, ma molto più ricercata sul piano dell’elettronica, con un synth sinuoso e arzigogolato che rende la canzone molto più ricca.

Due note di merito: la prima alle luci allestite sul palco, animate da uno strobo multicolore piazzato davanti alla batteria, che unito ai fari multicolor, al fumo, o lasciato solo con tutto il resto spento dà un effetto super suggestivo che lascia apprezzare molto di più il live – chapeau.

L’altra va allo scheletro vero e proprio del gruppo: basso e batteria. McCarthy e Robinson riescono a imporre il loro valore stilistico dall’inizio alla fine, anche quando, sul finire di King City (il singolone, non a caso messo alla fine), c’è una scivolata di  Williams, che stona e dissuona facendo increspare un po’ i nasi. Errare è umano.

Qui sotto, il video di She Changes the Weather.

Redazione Rumore
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