Live Report: Body/Head (Kim Gordon) @ Covo Club, Bologna, 25/10/2013

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kim gordon

di Marco Pecorari

Se si potesse prescindere dai rapporti umani, questo concerto sarebbe la prova lampante che le scelte giuste spesso e volentieri dovrebbero essere i passi indietro, il dire “ho cambiato idea”, come faceva Corrado Guzzanti nell’immortale imitazione di Tremonti. Ecco perchè qualcuno, se questo fosse il migliore dei mondi possibile, dovrebbe andare da Thurston Moore e dargli un sacco di botte col telefonino da cui mandava text messages fedifraghi finché non rinsavisce e si rimette con Kim Gordon, in modo da raggiungere in tranquillità una dignitosa pensione coi Sonic Youth di ieri. Lo meriterebbero le generazioni future, la gioventù sonica di oggi e domani – o perlomeno le nostre orecchie.

Kim Gordon in tal senso ha una responsabilità morale nei confronti dei convenuti al Covo alla seconda delle quattro date previste in Italia. Davanti all’arte abbiamo due scelte: o fare come Alvaro Vitali e Gloria Guida e toglierci le mutande e metterle da parte, oppure, cercare lo sguardo dei nostri simili per vedere se siamo vittime, come Eric, di un bad trip individuale o collettivo.

Ecco quindi che dopo essermi guardato attorno con sguardo più stupito che perplesso (o viceversa) al terzo pezzo mi accorgo che la metà del pubblico, diciamo quella più matura all’anagrafe, ha realizzato che: 1) Kim Gordon ha il basso scordato e che 2) canterà stonatissima e scordatissima con se stessa come se Yoko Ono (che per noi è la madre putativa di Courtney Love e poco più) si fosse impossessata del suo corpo e contemporaneamente dell’anima di Lydia Lunch. Musicalmente suona come una roba tra i Sunn 0))))  acustici e a volumi bassi e le canzoni di Edoardo Bennato (quando tira fuori la fisarmonica).

Un’amica piuttosto giovane (diciamo ancora teenager) – alla quale in uno slancio di responsabilità quasi genitoriale ho deciso di dare un passaggio in macchina per il ritorno – parla con un’altra mia amica, scafata e cinica almeno quanto me. La sbarba crede che l’amica più anagraficamente avvantaggiata sia abituata ad ascoltare roba più commerciale. La potenziale sorella maggiore la fa parlare, pazientemente. Poi le dice: “passati i 17 anni si dovrebbe riuscire a guardare tutto dalla giusta distanza, quella che ci permette di comprendere tutte, o almeno una buona parte, delle diverse prospettive (soprattutto quelle altrui). Quella che ci consente di capire che dopo l’arricchimento dell’immaginazione con il successo personale deve necessariamente arrivare lo sviluppo della modestia”. E poi, il discorso sul telefonino di cui sopra.

Redazione Rumore
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