Berlino: Estate fusion

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L’estate a Berlino è, non ci vuole certo il sottoscritto per confermarlo, una esplosione di eventi. Fioccano gli open-air, i club aprono i loro spazi esterni ed i festival si sprecano. Ma su quale sia quello più degno di nota, bé su questo non ho dubbi.

Il Fusion Festival nasce nel 1997 come un piccolo evento dedicato alla musica elettronica e dintorni, organizzato dall’associazione Kulturkosmos con l’obbiettivo di creare un qualcosa di lontano dalle logiche commerciali e sia ad alto tasso di sostenibilità: una specie di società parallela (‘FerienKommunism’), che per 4 giorni riesca a far dimenticare la vita reale. Il tutto si tiene in un’ex aeroporto militare russo nella campagna di Lärz, minuscolo centro situato 150km a nord di Berlino. Il posto è stato abbandonato dall’esercito nel 1993 e dieci anni dopo visti i buoni risultati dei primi piccoli eventi, Kultorkosmos decide di acquistare per un prezzo modico l’intera, immensa, superficie. I numeri crescono e se nel 2004 siamo già a 15.000 partecipanti, nel 2006 siamo al doppio, nel 2009 siamo a 60.000 e nel 2012 per la prima volta viene limitato l’accesso all’area a quota 70.000 ed i biglietti vengono esauriti in prevendita fin dal mese di ottobre (quando la line-up  è ancora sconosciuta, viene comunicata solo qualche giorno prima del festival, ovvero a fine giugno), grazie ad una lotteria: se vinci, hai la possibilità di acquistare il ticket e diventare un FUSIONist. Non esisitono accrediti per la stampa, meno se ne parla, meglio è.

Quest’anno l’edizione si è tenuta dal 27 al 30 giugno, ed è andata esattamente nello stesso modo: festival sold-out e gente che cerca disperatamente biglietti fin da sei mesi prima della manifestazione.

Quando arrivo al Fusion sembra di essere in una Woodstock 2.0: decine di migliaia di tende e camper, umanità varia (da vecchi freak a giovanissimi) e in sottofondo sempre una cassa dritta a tenere il ritmo. La stragrande maggioranza sono tedeschi ed olandesi.

I palchi sono venti, molti dei quali incentrati sul mondo elettronico: techno, minimal, house, drum’n’bass, dubstep, trance, goa, ma trovano spazio anche situazioni legate a rock, reggae, ska, punk, hip-hop e jazz, nonché spettacoli teatrali, circensi, installazioni artistiche lisergiche all’interno della foresta e persino un cinema. E poi un lago dove poter fare il bagno nudi (clima permettendo) e larghissimi spazi verdi.

Come vedete sto lasciando in fondo la parte artistica dell’evento. Sì, perchè quello che conta al Fusion è l’atmosfera: si ha davvero la sensazione di essere in un mondo parallelo, fatto di coreografie colorate e festose, giochi di fuoco, gente naturalmente e artificialmente aperta (sostanze ne girano parecchie).

Artisticamente viene fatto un lavoro di ricerca, senza quindi puntare su nessun nome troppo grosso, ma su roba di qualità, talvolta già affermata a livello underground, altre volte in fase emergente: il palco più interessante è stato indubbiamente il Turmbuhne, un’immensa torre corredata da teloni colorati sotto i quali si sono alternati nomi come Carl Lekebusch, Scuba, Francesco Tristano, un entusiasmante back2back di Minilogue e Mathew Jonson; e Recondite e Rodhad, il set mattutino di Redshape e la chiusura straordinaria e ‘cattiva’ affidata a Pan-Pot e Rone.

Su altri stage si sono viste cose altrettanto interessanti: due colonne del kraut-rock come Faust e Guru Guru; l’imperdibile techno suonata con strumenti analogici dei Brandt Brauer Frick; l’electro-jazz degli scozzesi Hidden Orchestra; la potenza e la varietà di Otto Von Schirach e molto molto altro. Impossibile seguire tutto, i palchi chiudono solo un’ora al giorno e di roba valida ce n’è a bizzeffe.

Dettagli (che poi tanto dettagli non sono): all’interno del festival c’è solo cibo vegetariano; non si vendono prodotti legati alle multinazionali; sono vietati banner pubblicitari ovunque.

Purtroppo tutto questo da un paio di anni non è sufficiente a far rientrare l’organizzazione di tutti i costi nonostante il sold-out (troppi sprechi si dice) e così dal prossimo anno il prezzo del biglietto sarà leggermente più alto. Ma ne varrà sicuramente, ancora, la pena.

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